LA PAROLA DA' LA VITA
Lo scorso martedì 15 maggio, a chiusura del percorso di analisi e discussione guidata della Costituzione Italiana e dei valori in essa custoditi a partire dai 12 Principi Fondamentali, gli alunni delle due classi seconde della Scuola secondaria di I grado di Bozzolo hanno incontrato nelle aule dell’ex Palazzo di Scipione Gonzaga che oggi ospita il plesso scolastico 3 giovani migranti richiedenti asilo per ascoltare le loro storie e porre loro domande. Tutto era nato lo scorso anno, all’interno della redazione di Increscendo, il magazine on line dell’Istituto Comprensivo. L’idea era quella di dare voce a presenze collocate sul territorio bozzolese per farle uscire da un silenzio che omologa ed impedisce qualunque forma di relazione. La volontà di incontrare, conoscere e quindi narrare una complessità ed una ricchezza apprese spesso esclusivamente in astratto ha stimolato gli alunni a ricercare verità più profonde e risposte di senso dentro le storie di Babayaro, Houdi e Kathie, in una mattinata serrata nella quale i tre giovani provenienti dall’Africa Occidentale hanno potuto incontrare le giovani generazioni del Paese che ha dato loro accoglienza. Tre storie differenti affondate nelle realità misere e violente del Camerun, del Burkina Faso e della Costa d’Avorio, narrate in un francese qua buono e perfettamente chiaro, là stentato ed alquanto contaminato da inflessioni dialettali. A segnare lo spartiacque tra una comprensibilità assoluta capace di rendere avvincente il racconto di dolore e di speranza, il grado di scolarizzazione, in Paesi in cui studiare è ancora privilegio dei pochissimi e miraggio dei molti. Molti i temi trattati, anche su sollecitazione degli alunni, attentissimi per l’intera durata dell’incontro: le condizioni di vita della popolazione, strozzata dall’inflazione, le cariche della polizia pronte a sedare nel sangue qualsiasi libera espressione del pensiero, la dilagante corruzione che impera in ogni settore, l’impossibilità della quasi totalità della popolazione di accedere a cure di base. E, tra i due capi di quelle realtà martoriate - dove anche il terrorismo non fatica ad insinuarsi - e di questo incontro, sta il viaggio, picaresco e drammatico, intrapreso per sfuggire alla cattura, alla tortura, alla morte certa. Migliaia di chilometri percorsi a piedi, su pickup di fortuna, nel deserto, di notte per sfuggire alle varie milizie dei trafficanti di uomini, di petrolio, di armi. Affascinavano e mettevano i brividi, le dita di questi giovani sulla carta dell’Africa preparata dai ragazzi nelle classi, mentre ripercorrevano rotte apparentemente incomprensibili, tortuose e per nulla lineari, che dal Golfo di Guinea si spingevano fino in Algeria, e da lì alla Libia, definita “l’inferno sulla terra”. Il terrore, gli arresti, le fughe, in nascondigli grazie a provvidenziali reti di persone pietose disposte a rischiare la vita per dare aiuto. Poi, una notte qualsiasi, ecco qualcuno bisbigliare all’orecchio che è ora di partire. Il momento è giunto. La spiaggia, i kalashnikov ad impedire qualsiasi ripensamento, quella barca di pochi buona per una breve escursione ed invece chiamata a sfidare il Mediterraneo con 150 persone a bordo, stipate e paralizzate dal panico. Non giungeranno tutti dall’altra parte del mondo. Alcuni se li prenderà il mare. Ma loro no. Loro erano a raccontare. “Ricordate che di fronte a voi c’è un’Africa che vi guarda e che ha bisogno di appropriarsi di lezioni di democrazia e di giustizia. Voi siete il futuro del mondo. È a voi che vogliamo affidare il nostro messaggio. E ci piacerebbe dare a voi il nostro contributo di futuri cittadini per rendere questo Paese migliore”. Al termine dell’incontro, la consegna ad ognuno di loro, da parte degli alunni, di un libretto della Costituzione, suprema sintesi di diritti, doveri, rispetto della persona umana. “Ci sentiamo già più italiani”, hanno commentato visibilmente commossi. Tra il pregiudizio ed il giudizio c’è una sottile frontiera; sottile quanto decisiva a cambiare il punto di vista di chi guarda, e con esso la percezione dell’altro. Quell’impercettibile linea si chiama parola. La parola restituisce vita. Da domani, questi tre migranti non saranno più solo tre ragazzi di colore: saranno i loro nomi e la loro storia. Saranno amici.
Elide Bergamaschi