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STORIE D'OLTREMARE

Intervista in due tempi ad alcuni migranti richiedenti asilo ospitati presso il centro Pobic a Bozzolo.

 

Al primo incontro, in redazione, si sono presentati Babayaro, 33 anni originario del Camerun, Bamidele, 38 anni, e Godstime, 27 anni, entrambi provenienti dalla Nigeria.

 

Redazione: Da quanto tempo siete in Italia? E a Bozzolo?

Babayaro: Sono a Bozzolo da un anno

Bamidele: Sono in Italia da 1 anno e 4 mesi, a Bozzolo 1 anno e 3 mesi.

Godstime: Sono qui dal 2015;sono stato 2 settimane a Lampedusa e 4 giorni a                                           Milano.

Redazione: Cosa vi ha spinto a venire qui?

 

Godstime: Sono venuto in Italia perché in Nigeria c’è la guerra a causa del Boko Haram. un'organizzazione terroristica jihadista sunnita diffusa nel nord della Nigeria. È anche nota come Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e la Jihād. Nel 2015 si è alleata con lo Stato Islamico

Babayaro: Non avrei mai immaginato di lasciare il mio Paese, e non avrei voluto venire in Italia, anche se ho imparato ad apprezzare moltissimo questa terra e la sua gente. Volevo difendere le mie idee che però erano contro il sistema, sono stato anche arrestato più volte ho anche rischiato di morire. Con manifestazioni e contestazioni all’attuale Presidente, che detiene il potere da oltre 30 anni, mi sono messo a combattere; ho perso molti miei compagni, fino a che ho capito che da vivo sarei stato più utile che da morto. Per questo sono fuggito. Sono diventato un ricercato perché ero il portavoce delle manifestazioni, allora ho capito che dovevo scappare. Sono andato al nord del Camerun, passato il confine con la Nigeria sono andato nel deserto del Sahara dove ho percorso 1800km. Sono arrivato in Libia, dove ho visto molta crudeltà ed assoluta mancanza di legge. In un Paese come la Libia, se sei di colore sei un uomo morto. Fortunatamente ho trovato un amico che ha deciso di rischiare per me e di accogliermi nella sua casa, da rifugiato, per ben 2 mesi. Finalmente un giorno di ottobre del 2015 è arrivato il momento di partire; avevo pregato a Dio che, dovendo morire, potesse avvenire in mare e non a causa dei terroristi. Arrivati in spiaggia abbiamo visto il barcone: era piccolissimo ed eravamo in 155. Il viaggio è durato dalle 20:00 alle 8:00 del giorno dopo, quando siamo stati soccorsi nelle acque interazionali. Per fortuna ci siamo tutti salvati.

Redazione: Grazie, un’ultima domanda, che obiettivi vi ponete qui in Italia?

Godstime: Voglio sposarmi, avere dei figli e soprattutto ottenere i documenti per poter lavorare, perché in Nigeria ero un bravo idraulico.

Babayaro: Sono già felce di essere qui e poter pensare al futuro. Per me già parlare con voi è un onore.

 

 

Il secondo incontro si è tenuto in classe alla presenza di tutti i compagni, durante l’orario scolastico. Ma questa volta c’erano due persone nuove: Kathie ed Houdu, oltre a Babayaro che già conoscevamo.

Babayaro ha raccontato la sua storia che noi della redazione avevamo già ascoltato; in compenso abbiamo scoperto la storia di Kathie e Houdu.

Questa volta, le domande sono arrivate solo alla fine di ogni contributo da parte dei nostri simpatici ospiti.

Kathie: Buongiorno, io vengo dalla Costa d’Avorio. Ho smesso di andare a scuola all’età di 12 anni perché mio padre era morto e la scuola costava tanto. Abitavo in una casa in affitto con mia madre inferma e gravemente malata, ma quando i soldi sono finiti il proprietario ci ha sbattuti fuori. Ho dormito per la strada per 2 anni, fino a che un anziano ha avuto pietà di me e mi ha preso con sé. Nel frattempo ho conosciuto una ragazza e mi sono innamorato, fino a che non ho scoperto che aspettava un bambino da me. La sua famiglia, che da subito si era opposta a me, ci ha lasciati soli, allora ho chiesto a mio padre adottivo se potevamo vivere tutti insieme e lui ha accettato, anche se i suoi figli non ci vedevano di buon occhio. Quando è arrivato il momento di del parto, sono corso per strada a chiedere aiuto, e quando sono tornato l’ho trovata morta. Da quel momento neanche la famiglia adottiva mi ha più accettato. Per me non rimaneva che scappare se non volevo rischiare la vita. Così sono venuto in Italia.

Houdu: Buongiorno, io vengo dal Burkina Faso. Io al contrario degli altri non sono mai andato a scuola, perché dovevo aiutare mio papà a lavorare nei campi per poi vendere i prodotti al mercato, sperando che ce li comprassero. Mio papà ha messo via qualche soldo e ha aperto una piccola fabbrica di piatti, ma in questo paese vale la regola dove a vincere è il pesce più grosso, che mangia il più piccolo. C’era un signore molto più potente di noi che ogni giorno veniva a picchiare mio padre perché pretendeva tangenti da lui e non voleva vedersi diminuire gli affari. Non ce la facevo più ad avere quello spettacolo sotto gli occhi, allora ho deciso di cercare lavoro. L’ho trovato in Libia, ho fatto il muratore e anche io ho visto molta violenza. Ad esempio, per strada vedevi dei ragazzi con armi vere che ti chiedevano dei soldi, e se credevi fosse uno scherzo loro per dimostrarti il contrario ti sparavano ad una gamba. Dopo aver lavorato per un po’ di anni e aver fatto qualche soldo, sono tornato a casa, ma mio padre era morto e mia madre era gravemente malata. Avevano preso tutto quello che avevamo tra cui la terra e per questo non potevo vivere lì senza avere da mangiare né avere anche uno straccio di lavoro. Allora ho deciso di venire qui in Italia

 

Vi mancano i vostri famigliari?

Babayaro: Si, ma l’amore che hai per un papà e per una mamma abbatte ogni frontiera ed ogni distanza, perché l’amore è più forte di qualsiasi altra cosa.

 

Cosa vorreste fare qui?

Kathie: Non vedo l’ora di avere le carte per poter lavorare, per poter avverare i miei sogni e avere una famiglia.

 

L’incontro si è concluso con la stretta di mano tra me, Babayaro, Kathie e Houdu.

E con la foto insieme a tutta la classe.

Davide Bettoni

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